mercoledì 4 giugno 2008

I tajapiera veneziani, la tecnica

A Venezia, a partire dal 1300, inizia la "pietrificazione" della città. Al posto del legno, usato fino ad allora nell'edilizia, viene impiegata come materiale da costruzione soprattutto la cosiddetta pietra d'Istria, proveniente dall'altra sponda dell'Adriatico, una pietra sedimentaria, particolarmente resistente all'acqua salata.
In massima parte, ponti, case, chiese e palazzi di Venezia sono costruiti, decorati e rivestiti di pietra d'Istria.

Nel corso dei secoli a Venezia si è consolidata una speciale tecnica di lavorazione della pietra, che comporta l'uso di metodi e di strumenti particolari, che si differenziano molto da quelli adoperati, ad esempio, per la lavorazione del marmo (così come, per fare un paragone, la lavorazione dei metalli è differente a seconda del tipo di metallo impiegato).
Ci sono alcuni strumenti principali che sono arrivati fino ai nostri giorni inalterati e sono per ordine d'uso i seguenti:

s-ciapìn, scalpello che serve per iniziare a squadrare il blocco di pietra e cominciare il lavoro: consente di salvare lo spigolo (se ne usano varie misure: da forza o da lavoro delicato);
le punte: lunghe per lavori imponenti (es. scavare una vra da pozzo), medie e corte con variazioni di diametro per lavori più fini (es. scultura e ornato);
scalpelli: di varie misure, di larghezze variabili sia dalla parte del taglio che nel diametro, perché lunghezza, larghezza e diametro determinano scarichi di forza differenti; tra gli scalpelli particolare importanza ha la gradina che consente di lavorare senza "offendere" la pietra, toglie il sovrappiù senza penetrare troppo; altro scalpello che non "offende" è l'ongèa (che ha la forma di un'unghia), non ha spigoli, non si pianta e non fa danni;
martelli: per le superfici da raddrizzare o da squadrare si usano: lo sgrafòn, che è simile ad un'ascia, come per il legno, o la martellina, più leggera; ci sono poi la bocciarda, quadrata, con piastrine fisse o intercambiabili, di varie misure, per rendere ruvida la pietra e creare contrasti con le altre parti lisce, e la mazzetta che serve per battere sullo scalpello.

Vi sono inoltre vari tipi di trapani, di compassi e molti altri strumenti che sarebbe troppo lungo elencare.
Del resto la specificità del lavoro del tajapiera è determinata non soltanto dal tipo di attrezzo, ma anche dalla durezza e dalla qualità dello strumento. Spesso entra in gioco la "tempera". Gli scalpelli a Venezia vengono ancora forgiati da fabbri esperti ed in mancanza di questi dagli stessi scalpellini/scultori.

Spesso c'è un rapporto stretto, quasi soggettivo, del "tagiapiera" con i suoi strumenti, come l'autista con la sua macchina, il gondoliere con la sua gondola.
E inoltre è necessario conoscere il materiale. L'abilità del tajapiera sta proprio nel saper decidere quale attrezzo usare a seconda del tipo di pietra che ha di fronte.
La pietra d'Istria più adatta alla scultura era l'orsera (dal nome della località dove veniva estratta), mentre per le fondazioni, le difese a mare, le rive, veniva impiegata una pietra di qualità meno pregiata, detta "grigia". Sono materiali che oggi non si trovano quasi più, perchè non sono più commerciati.

Oggi Venezia, un poco alla volta, sta perdendo la sua identità, anche perchè ormai sta perdendo la categoria di lavoratori che l'hanno costruita.

[Roberto Giusto, archeove]